07 Agosto 2024

Autonomia organizzativa sul posto di lavoro: i dipendenti possono decidere, soprattutto nel settore privato

Tobias Hölbling

EWCS 2021

L’autonomia organizzativa contribuisce al benessere psichico dei lavoratori e riduce il numero di costose assenze. In Alto Adige i dipendenti possono influenzare l’ordine delle attività, i metodi da applicare e il ritmo da seguire sul lavoro indipendentemente dal proprio settore di appartenenza, il che è sicuramente una buona notizia. Differenze significative emergono, invece, sul quesito riguardante la partecipazione dei lavoratori a decisioni che vanno oltre le condizioni base del proprio lavoro. Su questo punto i risultati peggiori si registrano nell’amministrazione pubblica e nel settore della sanità e dell’assistenza sociale, nonostante in entrambi i settori si svolgano frequentemente assemblee in cui i lavoratori possono esprimere la propria opinione sull’organizzazione.

Che si tratti di vita privata o di lavoro, sta meglio chi ha libertà decisionale e organizzativa. Le persone sono più produttive e hanno meno disturbi psichici se, almeno entro un certo limite, possono decidere autonomamente e agire come ritengono più opportuno. Infine, per lo sviluppo personale e il benessere psichico, l’ideale è poter apprendere qualcosa di nuovo. “Meno disturbi psichici comportano meno assenze. Ciò favorisce la produttività delle imprese ed è positivo anche per gli enti assistenziali. Le assenze dovute a disturbi psichici sono infatti molto costose” sottolinea il Presidente dell’IPL Andreas Dorigoni.

L’organizzazione individuale del lavoro è sviluppata allo stesso modo in tutti i settori

Quanta influenza hanno i dipendenti sulle modalità con cui svolgono gli incarichi di lavoro? Possono stabilire autonomamente la sequenza delle varie fasi? Possono scegliere il metodo di lavoro e determinare il ritmo con cui lo svolgono?

Su una scala da 0 (per niente buono) a 100 (molto buono), per i lavoratori altoatesini la media delle possibilità di organizzare autonomamente il proprio lavoro è di 64 punti, senza differenze rilevanti tra i vari settori. “Ciò significa che i lavoratori di tutti i settori possono fondamentalmente organizzarsi il lavoro in modo autonomo; è un risultato positivo” dichiara l’autore dello studio, nonché psicologo del lavoro presso l’IPL, Tobias Hölbling.

Nell’economia privata i lavoratori sono più coinvolti nei processi decisionali

Le “decisioni cooperative” riguardano, invece, le condizioni base dell’organizzazione: i lavoratori sono liberi di intervenire anche sugli obiettivi del lavoro? L’impresa permette ai collaboratori di presentare delle proposte per migliorare l’organizzazione delle attività? Le decisioni importanti che riguardano il lavoro vengono semplicemente imposte ai collaboratori o questi ultimi hanno la possibilità di influenzarle?

È qui che emergono le differenze, in parte anche significative. Nei settori privati che per realizzare gli obiettivi prefissati richiedono un elevato grado di collaborazione spontanea e non pianificabile, i lavoratori possono discutere più frequentemente le condizioni di lavoro. Spiccano l’edilizia, con 72 punti, e il settore alberghiero e della ristorazione, con 68 punti. Sotto la media generale si posizionano i servizi (quasi sempre) a gestione pubblica come sanità e assistenza sociale (61 punti) e amministrazione pubblica (59).

Le assemblee frequenti non sono una garanzia

Le assemblee periodiche, durante le quali i dipendenti possono esprimere le loro opinioni sull’impresa o sull’organizzazione, sono più frequenti nei settori istruzione (nell’84% dei casi), sanità e assistenza sociale (71%) e amministrazione pubblica (68%). Questi tre settori hanno formalmente una cosa in comune: la maggior parte delle aziende e delle organizzazioni rientranti in questa categoria appartiene infatti al settore pubblico. Tuttavia, né nel settore sanità e assistenza sociale (61 punti), né nell’amministrazione pubblica (59), i lavoratori possono partecipare in modo significativo alle decisioni che riguardano il proprio lavoro. “Ciò significa – osserva Hölbling – che le assemblee formali svolte regolarmente, durante le quali i lavoratori hanno l’opportunità di esprimere le loro opinioni sull’azienda, non sono di per sé una garanzia che i dipendenti possano anche partecipare ai processi decisionali, stabilire gli obiettivi di lavoro e avanzare proposte di miglioramento. Sotto questo punto di vista, i settori privati sono più evoluti”.

Apprendere qualcosa di nuovo al lavoro? Nell’istruzione è la norma, nel settore alberghiero e della ristorazione è più raro

Alla domanda sulla possibilità di apprendere cose nuove al lavoro, gli occupati dei vari settori hanno risposto in maniera molto differenziata. In questo caso sono i lavoratori del settore dell’istruzione a indicare con maggiore frequenza di imparare spesso o sempre cose nuove (83%), con un netto distacco dal settore in seconda posizione, ossia l’amministrazione pubblica (67%). Al terzo posto segue l’edilizia (64%). Il settore delle attività manifatturiere e quello alberghiero e della ristorazione evidenziano invece una maggiore routine: poco meno della metà (rispettivamente il 46% e il 40% degli occupati) indica di apprendere sempre o spesso cose nuove. Nel settore alberghiero e della ristorazione quasi una persona su tre (30%) dichiara che la propria attività comporta solo raramente, o che non comporta mai, l’apprendimento di cose nuove: ciò deriva dal fatto che in questo comparto sono spesso occupati dei lavoratori stagionali che solo in pochi casi frequentano delle formazioni o degli aggiornamenti professionali. Nell’amministrazione pubblica e nel settore dell’istruzione la situazione è diversa, in quanto sono previste formazioni obbligatorie per tutti i dipendenti; ciò incide sicuramente sull’alta percentuale di risposte affermative.

Lo psicologo del lavoro dell’IPL Tobias Hölbling riassume così la situazione: “In genere, chi può influenzare la propria attività professionale e intervenire sulle condizioni del proprio lavoro sta meglio e si assenta meno. Ciò comporta anche un risparmio concreto per la sua impresa di appartenenza”.

Il commento del Presidente dell’IPL Andreas Dorigoni

Per quanto riguarda l’autonomia organizzativa sul posto di lavoro, l’Alto Adige si posiziona abbastanza bene a livello internazionale, ma c’è ancora un ampio margine di miglioramento. I datori di lavoro non dovrebbero sottovalutare questo aspetto che può contribuire a incidere positivamente sulla soddisfazione dei lavoratori e sulla produttività”.

Il commento del Direttore dell’IPL Stefan Perini

Per conservare il nostro benessere e posizionarci come sito economico attrattivo abbiamo bisogno di un mercato del lavoro competitivo. Lavorare in autonomia e partecipare alle decisioni sono due fattori importanti per accrescere la motivazione dei lavoratori e trattenere in provincia i lavoratori qualificati”.

 

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Per ulteriori informazioni è possibile rivolgersi al Direttore dell’IPL Stefan Perini (tel. +39 349 833 4065, stefan.perini@afi-ipl.org) o allo psicologo del lavoro e ricercatore IPL Tobias Hölbling (tel. +39 0471 41 88 31, tobias.hoelbling@afi-ipl.org).

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